Ernesto Olivero al primo appuntamento della XVII edizione de \\\\

Roseto, Centro Piamarta,15 aprile 2015. Questa sera "La cultura in cammino" mi sollecita delle domande. E così ho conosciuto Ernesto Olivero, di cui dichiaro subito di ignorare l’esistenza. Grazie alla prima giornata della “Cultura in Cammino”, della Cerchi Concentrici che l’ha invitato a Roseto, scegliendo la “finestra” temporale tra un viaggio in Giordania ed uno in Brasile (un aereo lo aspettava a Roma proprio stasera).
Chi è Ernesto Olivero? È un cattolico “militante” (se mi si passa il termine) che fin da piccolo voleva cambiare il mondo eliminando le ingiustizie. E che già da giovane si fece dare dal comune di Torino, sua città d’adozione, “L’Arsenale”, che lui trasformò in “della pace”, dove fare volontariato attivo nel sociale. Un volontariato duro, nelle situazione di margine e di difficoltà pesante.
Ed ecco la mia prima sinapsi: mi ritorna in mente padre Turoldo, padre Balducci, ma forse anche Alex Zanotelli. Certo, esempi diversi, magari non c’entrano nulla. Ma anche Olivero parla in un modo che più diretto non si potrebbe. William Di Marco “dirige” il traffico delle domande dalla platea dei giovani. In prima fila c’è il Vescovo di Teramo, Seccia, amico personale di Olivero, la vicesindaco Maristella Urbini e l’assessore al sociale Alessandro Recchiuti. Presenti anche gli ex-sindaci Crisci e Di Bonaventura (Franco Di Bonaventura è seduto proprio accanto a me, ed è sempre un piacere scambiare con lui quattro chiacchiere amichevoli).
E qui scatta la seconda sinapsi: il cattolicesimo sociale e Roseto, rapporto lungo, tradizionale, fertile, attuale, ma anche un rapporto che oggi mostra qualche interrogativo. O meglio, qualche interrogativo! Forse a me viene qualche interrogativo. Perché non riesco a decifrare il messaggio di Olivero: utopistico o iper-realistico? “Io non voglio convincere nessuno, ma in quel che dico ci credo”, parte Olivero. E ci crede davvero quando dice che “I tantissimi giovani che si spinellano non sanno che così stanno finanziando la mafia. Io i giovani li amo, ma per amarli bisogna essere severi con loro, gridargli la verità, altrimenti diventano zimbelli di qualsiasi potere”. E giù battute al vetriolo sulla politica che “sovente è vigliacca”. Oppure un intercalato: “inorridisco a sapere che il mio Paese è tra i più corrotti del mondo”.
Se fossi ancora giovane, sarei esploso d’entusiasmo di fronte a questo discorso, come mi capitò diversi anni fa con Alex Zanotelli incontrato a L’Aquila. Ma ora che sono molto più disincantato mi chiedo: d’accordo, ma cosa si propone, un modello ascetico? Insomma, resto in dubbio. Anche se sottoscrivo e faccio propri i passaggi più che taglienti sulla sinistra e sulla politica di Renzi, di una critica così netta che io nemmeno mi sogno.
Insomma, non è stato un intervento facile o consolatorio quello di Olivero. Un dire problematico, a tratti filosofico, ma di quella filosofia pratica che solo una persona estremamente colta può fare. Non so, echeggia Aldo Moro, per rimanere in politica. Insomma, non mi ha convinto, ma mi ha interrogato, che è poi proprio la funzione della cultura vera. Bravissimo William Di Marco come coordinatore. Ma penso che anche i cattolici sociali, a Roseto, debbono interrogarsi e magari domandarsi qualcosa sulla politica del Pd, anche locale, di cui spesso loro stessi sono stati e sono interpreti. I tempi cambiano per tutti, anche per i cattolici sociali del Pd. Ma questo, ovvio, lo dico io, non Oliveri, come è naturale. Anche perché penso che i politici locali che fanno riferimento indiretto a quella corrente culturale quelle domande non se le porranno nemmeno per idea. (Ugo Centi)